Aveva solo 13 anni. Come si fa a spiegarlo, come si può trovare qualcosa di sensato da dire ai coetanei, a chi con lui ora non può più giocare. Io sono più frastornato di loro forse. Questa parola tremenda "Leucemia", si prende quello che vuole senza chiedere niente. Noi possiamo solo stare a guardare, senza capire, senza sapere, con rabbia dolore e odio verso qualcosa o chissà cos'altro avrebbe dovuto impedire tutto questo.
Il punto è sempre lo stesso, queste cose sono inaccettabili. Di fronte a tutti questi interrogativi non so, non voglio e non posso dare nessuna minima risposta. Posso solo dirvi cosa ho capito e credo di dover fare però da adesso in poi, da quando il dolore lascerà un po' più spazio alla vita che implacabile continua. Lo faccio con queste righe che seguono e che ho scritto poco dopo aver avuto la notizia.
L’ho già sentito troppe volte: di fronte a queste cose c’è poco da dire. E l’ho detto io stesso. Ma poi ci ho pensato bene e non lo credo per niente. Penso invece che ci sia molto, moltissimo da dire, da capire, da imparare.
Flavio ha lasciato un segno che non potrà mai esser cancellato. Ha toccato ed è entrato con forza nella vita di tutti noi, ci ha insegnato la dignità del dolore, la voglia di vivere e la tranquillità del combattere. Non posso nemmeno immaginare il dolore della famiglia, non so proprio a cosa paragonarlo. Ma sento il dolore che è in me.
Lo conoscevo sicuramente molto meno di tanti altri, ma il destino ha messo Flavio nella mia vita, in un modo tutto sommato inaspettato. Essere stato un suo animatore nel campeggio estivo, è stato forse un dono che inizio a comprendere solo ora.
In quelle che dovevano essere le riflessioni da me guidate, nei giorni di campeggio, usciva sempre con forza la personalità e la limpidezza di Flavio. La lucidità schiacciante di chi aveva già capito cose della vita, che un bambino dovrebbe scoprire molto più tardi, cose che per questo, sapeva prendere e usare con criterio e ragione, in un modo a me ancora oggi, molto lontano dall’essere compreso.
Eravamo un piccolo club esclusivo, come mi ha detto una volta, io, Flavio e Luca: tre sindaci dei giovani tutti sotto lo stesso tetto. Tutti uguali in effetti, con i più il ruolo da educatore per me. Io però mi sentivo molto poco adatto, ed alla fine quello che ha imparato qualcosa, sono stato io, molto di più di quello che avrei dovuto o voluto insegnare.
Con Flavio la lezione è stata costante. Una settimana in cui mi ha insegnato due o tre cose che dovrò tenere a mente per sempre. Mai rassegnazione, mai rinuncia, mai seduto, in una vita che lo ha chiamato a prove dure e terribili. “Dovremmo essere tutti come Willy il Coyote” ci eravamo detti scherzando: più forte è il colpo che si prende, più in fretta bisogna rialzarsi e ricominciare. Flavio lo ha messo in pratica.
Ed è così che lo voglio, lo devo e lo dobbiamo ricordare, perché questo piccolo bambino, ha fatto molto per tutti coloro che lo hanno conosciuto. Il ricordo è semplicemente il modo migliore per celebrare la sua vita, ma pensare, ispirarsi, tenere vivo un modello come è stato Flavio, penso sia la mossa migliore per rendere la morte un po’ meno terribile. Rimane il dolore, rimane la rabbia, rimangono le domande, non potrà mai essere altrimenti, ma ci rimane il suo coraggio, la sua serenità, la sua testimonianza. Per questo da dire c’è tanto, ad iniziare da un grazie.
Ciao Flavio
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